Il Consiglio di Stato, Sezione VI, con sentenza n. 6379/2021 ha respinto il ricorso presentato da diverse associazioni contro l'inserimento del Cannabidiolo (CBD) nella tabella dei medicinali stupefacenti. Il CBD, uno dei principali composti presenti nella cannabis, è stato oggetto di un acceso dibattito negli ultimi anni per le sue potenziali proprietà terapeutiche e il suo utilizzo nella medicina alternativa.
La decisione del Tar Lazio conferma quanto stabilito dal Ministero della Salute nel 2019, quando il CBD è stato inserito nella tabella II-A della legge sugli stupefacenti, equiparandolo a sostanze come la morfina e la cocaina. Questa classificazione è stata oggetto di contestazioni da parte di diverse associazioni, che sostengono che il CBD non abbia effetti psicoattivi e che il suo impiego a fini terapeutici sia sicuro ed efficace.
Tuttavia, il Tar Lazio ha ritenuto che la classificazione del CBD come medicinale stupefacente sia giustificata dalla normativa vigente e dagli studi scientifici disponibili. Secondo il Tribunale amministrativo, non è possibile separare il CBD dagli altri composti presenti nella pianta di cannabis e, pertanto, è necessario applicare le stesse regole di controllo e distribuzione in vigore per le sostanze stupefacenti.
Questa decisione ha generato reazioni contrastanti all'interno della comunità scientifica e tra gli utenti di CBD. Da un lato, vi sono coloro che accolgono con favore la conferma della regolamentazione del CBD come medicinale stupefacente, sottolineando la necessità di garantire la sicurezza e la qualità dei prodotti a base di CBD disponibili sul mercato. Dall'altro lato, vi sono coloro che contestano la decisione del Tar Lazio, sostenendo che il CBD debba essere considerato un prodotto terapeutico a sé stante e non come una sostanza stupefacente.
È importante sottolineare che, nonostante la classificazione del CBD come medicinale stupefacente, diversi Paesi europei e Stati degli Stati Uniti hanno legalizzato l'uso terapeutico del CBD e dei prodotti a base di cannabis. Queste normative variano da Paese a Paese e spesso prevedono controlli rigorosi sulla produzione, la distribuzione e l'uso del CBD per fini terapeutici.
In Italia, l'utilizzo del CBD a fini terapeutici è consentito solo su prescrizione medica e in casi specifici, come nel trattamento dell'epilessia refrattaria e di alcune patologie dolorose. È importante consultare sempre un medico prima di iniziare qualsiasi trattamento a base di CBD e di assicurarsi che il prodotto utilizzato rispetti gli standard di qualità e sicurezza richiesti dalla legge.
In conclusione, la decisione del Tar Lazio di confermare la classificazione del CBD come medicinale stupefacente pone l'accento sull'importanza di una regolamentazione chiara e precisa per garantire la sicurezza e l'efficacia dei prodotti a base di CBD. È fondamentale continuare a condurre ricerche scientifiche approfondite sull'uso terapeutico del CBD al fine di fornire ai pazienti opzioni di trattamento sicure ed efficaci per le loro patologie.